La vera storia dei Dieci Comandamenti
di Pasquale Galasso
Tutti noi, quando da bambini siamo stati indotti, più o meno volontariamente, a frequentare le lezioni di catechismo e siamo stati indottrinati al contenuto dei dieci comandamenti, consegnati, secondo la Bibbia, a Mosè sul monte Sinai, decalogo da rispettare obbligatoriamente, affinché un fedele possa definirsi “cattolico”.
I veri dieci comandamenti, ben diversi da quelli a noi insegnatici, sono presenti nella Bibbia nei libri dell’Esodo 20: 2-17 e in Deuteronomio 5: 6-21. Nel primo comandamento del decalogo del Deuteronomio – il comandamento originale per intenderci – Dio comanda al suo popolo di “non avere altri dèi al di fuori di lui”, ammettendo implicitamente l’esistenza e la presenza di più dèi.
Il vero motivo per cui l’ipotetico redattore della Bibbia (di certo un alto dirigente ebreo, e non Dio!) ha imposto agli ebrei questo comandamento è perché – nonostante vi fossero diversi tentativi di unificare il popolo ebraico ormai allo sbaraglio dopo la cacciata dall’Egitto – gli ebrei, infischiandosene altamente di ciò che diceva il loro dio, o di chi glielo voleva imporre, non furono mai fedeli a questa divinità, dimostrando addirittura in molti casi di non conoscerla neppure, adorando invece ogni sorta di divinità egizia, sumera, assira, fenicia ed altre divinità di tutte le razze e religioni… tutte eccetto il dio biblico.
Per poter riparare a tutte queste chimeriche anomalie – poiché sarebbe potuto sembrare ridicolo agli occhi di un credente non ebreo che il dio Creatore dell’Universo fosse in competenza con altre divinità – la Chiesa decise di trasmutare grammaticalmente il “numero” della parola “dèi” dal plurale al singolare (dio), in modo tale da cambiare il significato all’intero contesto della frase.
Nel secondo comandamento originale, Dio vieta di fare immagini, dipinti, statue e quindi ogni sorta di raffigurazioni “di ciò che è lassù in cielo, di ciò che è quaggiù sulla terra e di ciò che è nelle acque e sotto la Terra”, ovvero di ogni eventuale immagine sacra e divina riguardante sia la presente religione sia le religioni straniere, alle quali era comunque vietato aderire.
Nel prosieguo del comandamento lo stesso Dio, onnisciente e perfettissimo, ammette di essere un dio geloso e vendicativo, ponendo questa sua irascibilità come valido motivo per il quale agli ebrei era vietato fare immagini e raffigurazioni d’ogni genere e forma (“Perché io, il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per quanti mi odiano”).
Il vero secondo comandamento, insomma, vieta alla religione cristiana di essere una religione idolatra; di conseguenza, se ci si attenesse alla lettera, paradossalmente per Dio chiunque abbia adorato almeno una volta nella vita una immagine o una rappresentazione della Madonna, del Crocifisso, di padre Pio, o qualunque sorta di immagine sacra riconosciuta o meno dalla religione Cattolica e Cristiana – compreso ovviamente chi si sia recato almeno una volta nella propria vita in un edificio sacro come una chiesa – dovrebbe essere immediatamente scaraventato all’inferno!
Questo comandamento deciso dal dio biblico, metterebbe anche fine ad ogni discussione sull’eventuale presenza del simbolo del crocifisso nelle aule scolastiche e di tribunale; ed opporsi a questo vorrebbe dire rinnegare e mettersi contro le stesse leggi proclamate dal dio degli Ebrei.
Inoltre, come può un’entità perfetta, onnipotente, onnipresente ed onnisciente, che dovrebbe quindi esulare da ogni legge fisica e terrestre, e perciò essere una forza trascendente, dichiarare per sua stessa ammissione di essere una entità gelosa e vendicativa, e peraltro farlo in un libro scritto da lei stessa, colmo di incongruenze logiche ed anacronismi storici? Se Dio è geloso non è perfetto, se Dio è perfetto allora non è il dio della Bibbia!
Quindi, poiché il secondo comandamento del decalogo del Deuteronomio, va contro ogni etica e morale del Cattolicesimo, questo comandamento viene completamente soppresso ed eliminato dal Decalogo, grazie alla Chiesa Cattolica.
Con la stessa furbizia ed insostituibile acribia, il cupolone del Vaticano si è anche reso conto che probabilmente i credenti non avrebbero più accettato e seguito ciecamente la religione Cattolica, sapendo che le loro principali leggi avrebbero proclamato ed esacerbato la schiavizzazione dell’uomo, e così si è reso necessario un altro taglio della “pia forbice cristiana”, che ha dato una bella spuntata al quarto ed al decimo comandamento (che relegavano gli schiavi alla pari di merci, calpestando ogni loro dignità), dove si diceva di non far lavorare il proprio schiavo e la propria schiava nel giorno di Sabato, nel quarto, e di non desiderare lo schiavo o la schiava d’altri, nel decimo.
Avendo rimosso completamente il secondo comandamento originale, a questo punto la Chiesa si è ritrovata con soli nove comandamenti, anziché dieci; così, per riportare il numero dei comandamenti falsificati uguale a quello degli originali, i falsari hanno diviso in due il decimo comandamento del Deuteronomio, formando il nono dalla prima parte di esso ed il decimo dalla seconda parte, semplificandolo ed omettendo ovviamente le frasi dove venivano citati gli schiavi.
Così il comandamento “Non desiderare la moglie del tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo”, viene diviso in due e trasformato in “Non desiderare la donna d’altri” del nono comandamento ed in “Non desiderare la roba d’altri” del decimo.
Questi comandamenti vengono ripresi, oltre che in parte dal “Codice di Hammurabi” del 1750 a.C. (periodo in cui gli Hyksos conquistarono il Basso Egitto) – dove si fa uso della “Legge del taglione”, ben nota nel mondo giudaico-cristiano per essere anche alla base della legge del profeta biblico Mosè – soprattutto dal “Libro dei Morti” egizio, che era necessario all’anima per raggiungere il campo dei giunchi, ovvero il paradiso.
Questo papiro conteneva vari artifizi per poter superare delle prove davanti agli dèi chiamate “confessioni in negativo”, che permettevano l’approdo alla porta successiva. Gli alti dirigenti egizi pensarono bene di far credere ai loro polli che, in caso di risposta sbagliata, gli dèi li avrebbero puniti per l’eternità; questo per costringerli a comprare il papiro, che permetteva di ingannare, anche con l’ausilio di altri amuleti, gli dèi celesti.
Il costo di questo papiro era quasi la metà del compenso annuale di un artigiano, in più c’era il costo di altri amuleti che servivano soprattutto a superare la prova finale. Davanti ad ogni porta ci si trovava di fronte ad un dio, e l’uomo, o meglio la sua anima, rispondeva dicendo “io non ho rubato”, “io non ho ucciso”, “io non ho desiderato la roba (schiavi, donne, denaro, animali etc.) d’altri” e via dicendo.
Superate le quarantadue porte, il defunto si trovava davanti ad Horus che, attraverso la pesa del cuore, decideva il suo destino. Il defunto estraeva il suo cuore da una scatolina ed Horus lo poneva sul piatto di una bilancia, controbilanciata dalla parte opposta da una piuma. Se la bilancia si manteneva in equilibrio l’uomo andava nel campo dei giunchi, (il Paradiso) altrimenti era… l’inferno, o la sua distruzione.
Il costo del papiro, come abbiamo detto, equivaleva a sei mesi di lavoro per chi lo comprava, in più c’erano gli altri amuleti che venivano venduti a parte per ingannare gli dèi dalle bugie del morto. Nacque così il primo merchandising religioso, inventato dai sacerdoti egizi, i quali essendo normali uomini, per sbarcare il lunario, preferirono vendere un prodotto molto richiesto, ieri come oggi: la speranza o, secondo altri, l’illusione della vita eterna.
Articolo di Pasquale Galasso
Fonte: http://www.complottisti.info/ecco-i-veri-dieci-comandamenti/
Commenti
La vera storia dei Dieci Comandamenti — Nessun commento