Scoperto il Testamento di Ettore Majorana
di Rino Di Stefano
Lo ha trovato Oscar Valente, il giovane milanese pupillo di Rolando Pelizza. Era nascosto tra i documenti che l’imprenditore conservava in Spagna.
Il documento, composto da un foglio di formato A4 scritto su entrambe le facciate, era stato buttato alla rinfusa in un borsone insieme ad altre carte e masserizie appartenute a Rolando Pelizza mentre si trovava nel suo esilio spagnolo di Viladecans, nei pressi di Barcellona. Una cittadina di 66.168 abitanti, secondo l’ultimo censimento del 2018 nella comunità autonoma della Catalogna, clima temperato e abbastanza umido: l’ultimo rifugio di Rolando Pelizza quando fuggiva dall’Italia.
Gli agenti della Guardia Civil spagnola, su un presunto mandato internazionale di cui nessuno ha mai visto copia, avevano sequestrato tutto ciò che restava dei beni di Pelizza. Tra le altre cose, anche due di quelle famose macchine che, in assoluto riserbo, l’imprenditore bresciano usava in territorio spagnolo: una per l’esterno e l’altra, per oggetti di piccole dimensioni, ad uso interno. Pelizza la chiamava “da laboratorio”.
Restava poca roba, compreso appunto dei fogli che, con noncuranza, avevano buttato in quel borsone. Lo stesso borsone che consegnarono a una donna del posto, probabilmente la proprietaria della casa dove viveva l’imprenditore bresciano. Avrebbe dovuto consegnarlo ai figli di Pelizza se e quando fossero venuti a prenderlo. E così è stato. Nessuna notifica ufficiale. Un amico di Pelizza, che aveva il numero di telefono del figlio Paolo, si incaricò della commissione.
Alle 17,30 di venerdì 6 maggio 2022 Paolo e Tanja Pelizza, accompagnati dal giovane Oscar Valente, ormai un amico di famiglia dopo aver costruito la famosa macchina con l’aiuto del loro papà, sono arrivati a Viladecans dopo dieci ore di viaggio in auto. In tutto, 1032 chilometri da Milano, da ripetere per il ritorno. Il borsone venne consegnato loro solo l’indomani mattina, e cioè sabato 7 maggio 2022. Subito i tre diedero un’occhiata al contenuto del borsone: a parte qualche indumento e pochi oggetti personali, l’unica anomalia erano tre medagliette religiose di tre colori diversi: una bronzo-rame, una argentea e l’altra giallo oro.
Nessuno dei due figli diede importanza al foglio sul fondo del borsone. È probabile che lo avessero scambiato per appunti alla rinfusa, senza importanza. Ma qualcosa attirò l’attenzione di Oscar. Prese quel foglio e strabuzzò gli occhi quando, sulla prima facciata, riconobbe l’ormai famosa calligrafia di Ettore Majorana. E cominciò a leggere parole che non avrebbe più dimenticato.
L’intestazione era “Mio testamento” seguita da:
“Serra San Bruno, 7 dicembre 2001
Il sottoscritto Ettore Majorana,
Nato a Catania il
5 agosto 1906, nomino mio erede
universale il sig. Rolando
Pelizza, nato a Chiari (BS)
26 febbraio 1938.
Dispongo che i frutti della
mia opera intellettuale
vadano nella misura del
trenta per cento al sig. Rolando
Pelizza come compenso della sua
Indispensabile collaborazione
nella realizzazione di quanto
da me ideato.
Dispongo altresì che la parte
restante debba essere versata
alla fondazione che il mio
erede costituirà nelle
modalità già con lui
concordate.
In fede,
Ettore Majorana”
Un vero e proprio testamento olografo nel quale, per la prima volta da quando sono iniziate le ricerche sul caso Majorana-Pelizza, si parlava esplicitamente di Serra San Bruno (provincia di Vibo Valentia in Calabria). Ma all’estensore del testamento non bastava quello scritto. Infatti, sul retro, seguiva il seguente testo:
“7 dicembre 2001
Copia autentica
Ettore Majorana
Dichiarazione
Io, Ettore Majorana,
in data odierna, dichiaro di aver
autenticato come conformi all’originale
n°1 fogli, datati inizialmente:
Serra San Bruno, 7 dicembre 2001
Consegnato al signor
Rolando Pelizza, perché ne
disponga come riterrà opportuno.
Ettore Majorana
In fede
Ettore Majorana”
Per quanto quelle parole fossero di estrema importanza, i tre italiani in terra spagnola non diedero molto peso a quel testamento. E né Paolo né Tanja compresero che quel 30% assegnato al loro genitore li faceva diventare eredi, insieme alla madre Fedora, di una vera e propria fortuna, se mai quella mitica macchina fosse diventata reale e operativa. I tre si rimisero in viaggio e alle dieci di sera lasciarono Oscar Valente sotto casa a Milano. Poi continuarono in direzione Chiari.
Fu solo dopo diversi mesi che Oscar, cui quelle parole risuonavano continuamente nel cervello, chiese ai due fratelli il foglio così poco valutato. Il borsone lo teneva Tanja e glielo consegnò. Oscar rifletteva: per la prima volta c’era un documento che attestava, scritto e firmato direttamente da Ettore Majorana, che egli si trovava davvero nell’Eremo di Serra San Bruno nel 2001. E questo avrebbe confermato anche tutto il resto della storia: Rolando Pelizza sarebbe stato davvero il suo allievo e sarebbe altrettanto veritiero che avrebbe realizzato quella famosa e mitica macchina sotto la sua direzione.
Inoltre, quel compenso del 30% avrebbe motivato lo stesso Pelizza ad andare avanti nelle sue ricerche per far conoscere quella incredibile tecnologia. Il discorso morale, sempre presente in Pelizza per impedire che la macchina venisse utilizzata per fini bellici, si accompagnava dunque a scopi molto più pratici e legittimi. Si deve pur mangiare e Rolando Pelizza aveva dedicato la sua intera esistenza per promuovere quella nuova scienza che, nelle intenzioni del suo ideatore, avrebbe potuto cambiare il percorso dell’umanità.
Il fatto che un terzo di quei guadagni dovessero andare a lui, era più che plausibile. Insomma, non era un santo laico, come qualcuno amava dipingerlo. Bensì un imprenditore cattolico e credente, come del resto Majorana, il cui scopo era quello di traghettare il mondo verso un benessere materiale che, ci si può scommettere, avrebbe dato fastidio a moltissime multinazionali. Basti pensare agli effetti di quella tecnologia in campo energetico: nessuno avrebbe mai permesso un sovvertimento mondiale dell’economia come quello promesso dalla mitica macchina.
Ma c’era anche un’altra considerazione da fare. Perché nel 2001 Ettore Majorana avrebbe dovuto fare testamento? Nato nel 1906, quell’anno lo scienziato siciliano avrebbe dovuto avere 95 anni. Forse un improvviso decadimento fisico lo avrebbe indotto a fare quell’ultimo gesto? Oppure, se vogliamo sconfinare nella fantascienza, stava tentando un nuovo ringiovanimento e non sapeva se ne sarebbe uscito vivo?
Le ipotesi, come sempre, sono molteplici e poco convincenti. Inoltre si poneva un problema di fondamentale importanza: quei documenti erano davvero opera di Ettore Majorana? Oscar Valente, che ha il pallino di fare sempre tutto nel migliore dei modi, decise subito di far periziare quei fogli. Per cui un bel giorno montò in macchina e andò a trovare la dottoressa Chantal Sala, perito calligrafo del Tribunale di Pavia e autrice di precedenti perizie su scritti di Ettore Majorana. Erano le ore 16 di giovedì 2 febbraio 2023.
La professionista non conosceva quel ragazzo, per cui era curiosa di vedere che cosa avesse da proporle. E grande fu il suo stupore quando i suoi occhi si posero su quel testo che, a tutti gli effetti, sembrava davvero rappresentare le ultime volontà di Ettore Majorana. “Restò basita – racconta Oscar Valente. Cominciò ad esaminare gli originali anche con degli strumenti a ultravioletti, li girò e rigirò. Fece diverse prove e poi mi disse: ‘Si vede che è lui’. E mi restituì il foglio, tenendosi le fotocopie. Mi sembrava che tutto andasse bene e che presto avrei avuto la perizia che chiedevo, ma le cose andarono diversamente“.
E sì, molto diversamente. Infatti, a quanto racconta Oscar, prima la Sala disse che per fare il suo lavoro di comparazione aveva bisogno di documenti originali che gli erano stati dati dal compianto professor Erasmo Recami e da Alfredo Ravelli, biografo di Rolando Pelizza. Tuttavia, Recami non c’era più e Ravelli, per ragioni sue, non voleva fornire il consenso a che il proprio materiale documentario venisse usato per perizie che non lo riguardavano. Ma, a quanto pare, Oscar non è un tipo che si arrende facilmente.
Così martedì 14 marzo, intorno alle 17, a Dalmine (BG) bussava alla porta della signora Marisa Vascongelos Recami, vedova del professor Recami, chiedendole di autorizzare la dottoressa Sala all’utilizzo del materiale che a suo tempo era stato fornito dal marito. E la signora Recami, che due giorni dopo sarebbe ripartita per il Brasile, gliela diede. Con l’autorizzazione firmata, Oscar telefonò subito alla Sala. Adesso l’autorizzazione c’era, i problemi sarebbero stati superati. Ma non fu così. Ancora una volta il perito calligrafo di Pavia disse che aveva controllato e si era accorta che non aveva ricevuto alcun documento di paragone dal professor Recami, quindi non poteva fare il suo lavoro.
La storia mi era sembrata tanto strana che ho voluto verificare se le cose fossero andate proprio in quel modo. E così mi sono messo in contatto con la dottoressa Sala chiedendole la sua versione dei fatti. Il racconto di Oscar rappresentava la verità o no? “E’ tutto vero – mi ha risposto. Ma preferirei non parlare dei problemi che ho per fare quel parere, giustamente l’interessato potrebbe risentirsene. Comunque son più che altro problemi burocratici, non tecnici“. E in un secondo messaggio aggiunse che, senza una precisa autorizzazione da parte del proprietario di eventuali scritti originali da confrontare, deontologicamente non poteva svolgere il suo lavoro. È difficile comprendere chi sia l’interessato (se Valente o Ravelli), ma comunque quella perizia non sarebbe stata fatta.
Dunque il presunto testamento di Majorana sarebbe rimasto senza una verifica ufficiale? Non proprio, Oscar Valente ha tirato fuori altre risorse. Infatti a quel punto il giovane Oscar ha deciso di percorrere un’altra strada, quella del notariato. Prima si è rivolto ad un notaio di Milano che gli ha spiegato, con sua grande sorpresa, che non serviva alcuna perizia: il testamento era assolutamente valido così com’era, in quanto conteneva tutti gli estremi di legge per poterne dichiarare la legalità. Ma se il notaio si fosse sbagliato? Oscar Valente fece dunque la controprova e andò in un secondo notaio, ma il risultato fu esattamente lo stesso. La legge era chiara e non permetteva equivoci. Tuttavia entrambi i notai fecero notare che, pur essendo un testamento valido, per legalizzarlo a tutti gli effetti occorreva un documento necessario: un atto della magistratura che attestasse la presunta morte dello scienziato Ettore Majorana, scomparso nel nulla il 27 marzo del 1938.
E qui inizia un nuovo capitolo di questa stranissima storia. Infatti, presso il Comune di Catania, dove Majorana nacque il 5 agosto 1906, esiste solo l’atto di nascita dello scienziato, ma nulla che ne attesti la morte. Come spiega un dirigente dell’Archivio Storico del Comune catanese, la famiglia Majorana non chiese mai alla magistratura un formale atto di morte presunta del loro congiunto. Anche se la legge lo consente a dieci anni dalla sua scomparsa. Quindi, essendo scomparso nel 1938, la famiglia avrebbe potuto richiederlo dal 1948 in avanti. Ma si guardò bene dal farlo. Tanto che la madre dello scienziato, Dorina Corso, che morì negli anni Sessanta del secolo scorso, lasciò una parte del suo testamento al figlio scomparso. Era convinta che fosse vivo e tale rimase fino alla sua morte. Ora, dal momento che nessuno ha richiesto quell’atto, la magistratura non ha mai imposto al Comune di Catania di registrare la presunta morte di Ettore Majorana.
Dunque il testamento dello scienziato, pur essendo legalmente valido, non verrà convalidato da alcun atto notarile ufficiale? Ancora una volta la risposta non è negativa. Infatti i figli di Rolando Pelizza, a quanto pare, stanno pensando di rivolgersi all’avvocato che cura gli interessi della loro famiglia per inoltrare una richiesta formale alla magistratura: che dichiari la presunta morte dello scienziato che sarebbe stato il maestro del loro genitore.
Insomma, la storia non è finita e tutto lascia pensare che potrebbero esserci altre novità in arrivo. Per esempio, qualcuno, come i parenti rimasti della famiglia Majorana, potrebbero chiedere una perizia ufficiale sul testamento per verificare se sia stato scritto proprio dallo scienziato. A quanto risulta da una rapida ricerca in ambito giudiziario, pare che i periti forensi specializzati in esami calligrafici siano molti di più di quanto si possa pensare. Ma sul fatto che quel testamento sia stato scritto da Ettore Majorana in persona, c’è davvero chi metterebbe la mano sul fuoco. La partita a scacchi, dunque, è iniziata: vedremo come sapranno muoversi i giocatori.
Articolo di Rino Di Stefano
Fonte: https://www.rinodistefano.com/it/articoli/testamento-majorana.php
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